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Giorno: 13 Marzo 2016

Sopravvivere alla violenza

Sopravvivere alla violenza

La violenza lascia dei segni, non solo fisici. Una donna che ha subito maltrattamenti può sentirsi annullata, priva di valore, incapace, indegna di affetto, spaventata, o addirittura colpevole degli stessi abusi di cui è stata vittima.

La strada per ricostruire se stessa e una vita soddisfacente passa attraverso 4 “A”:

Autostima

In opposizione alla squalifica e alla denigrazione, è possibile ricominciare a credere in se stesse e costruirsi un’immagine di sé positiva, di valore e dignità personale.

Autonomia

In opposizione alla limitazione della libertà e alla dipendenza, è possibile ristabilire un giusto livello di auto-determinazione, indipendenza e affermazione personale.

Assertività

In opposizione all’isolamento e alla passività, è possibile allargare la propria rete sociale e comunicare con gli altri in modo positivo, autentico, assertivo.

Affettività

In opposizione alla sottomissione, all’esagerata gelosia e al controllo, è possibile ricominciare a stabilire relazioni affettive caratterizzate dal rispetto e dalla parità.

Chi è uscito da una storia di abusi e di sopraffazioni non ha un destino segnato di sofferenza e sottomissione. La violenza cambia le persone, che però hanno sempre la possibilità di prefiggersi quegli obiettivi di crescita personale che la violenza ha ostacolato, inibito, frustrato per molto tempo.

A volte, per riprendere contatto con la persona che si era prima di attraversare l’inferno degli abusi, è necessario uno spazio in cui poter dire l’indicibile, estrarlo da sé, analizzarlo prima di accantonarlo. Infine, riposizionare lo sguardo sul presente e sul futuro e sulla nuova vita che ci si ripropone.

I servizi del “Cerchio di Banpo”

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Dolore cronico

Dolore cronico

La psicoterapia cognitivo-comportamentale è in grado di incidere in modo significativo sulla qualità della vita di una persona con dolore cronico. E’ infatti un tipo di approccio terapeutico che mette a fuoco il qui-e-ora, modificando gli atteggiamenti che potrebbero finire per alimentare circoli viziosi capaci di aumentare la percezione soggettiva del dolore.

La terapia cognitivo-comportamentale non entra nel merito delle cause dei disturbi che procurano dolori cronici, come ad esempio la fibromialgia, né pretende di guarirli, ma, come dimostrato da molti studi sull’efficacia, è in grado di favorire il funzionamento fisico generale e la riduzione del livello di disabilità, attraverso tecniche di rilassamento muscolare progressivo, stress management, self-management attivo del dolore, regolarizzazione dei ritmi di attività, igiene del sonno, ma anche tecniche di tipo cognitivo volte a costruire un diverso atteggiamento nei confronti dello stimolo dolorifico e a stoppare infruttuose rimuginazioni sul dolore. Il dolore non è solo fisico: le emozioni hanno un ruolo nell’esperienza del dolore. Ad esempio la paura amplifica lo stimolo dolorifico: più ci si preoccupa per il dolore, più fa male.

In letteratura si ritiene che un approccio multidisciplinare sia più efficace nel ridurre l’interferenza del dolore con la vita quotidiana delle persone. Integrandosi con le terapie mediche ed approcci naturali basati sull’esercizio fisico, la terapia cognitivo-comportamentale è in grado di apportare un reale contributo al benessere psicofisico delle persone con fibromialgia o altri disturbi organici che comportano dolore cronico.

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