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L’abuso nel post-separazione

L’abuso nel post-separazione

La violenza nelle relazioni di intimità è violenza di genere, che si esprime nelle varie forme di: violenza fisica, sessuale, verbale, emotiva, economica. Quando la relazione finisce, gli abusi non si interrompono, ma si adattano al nuovo contesto del post-separazione. La violenza solitamente tende ad aumentare in questa fase, divenendo in alcuni casi anche più terribile rispetto a quando si divideva lo stesso tetto. Il maltrattante tende a esercitare potere e controllo prendendo di mira i bambini e la genitorialità della ex compagna, la sua autonomia economica e la sua credibilità.

Le battaglie, che si incentrano sulla custodia dei bambini, sono alimentate dal desiderio del maltrattante di vincere, avere controllo, ferire o punire la donna che ha osato sfidarlo rivendicando la sua libertà.

Di seguito la “Ruota del potere e del controllo nel post-separazione”, che ho tradotto per Associazione Artemisia di Fabriano partendo dal lavoro di  OMB – One Mom’s Battle.

Gli abusi che coinvolgono i bambini e le bambine

La cosiddetta “contro-genitorialità” si manifesta minando di proposito il lavoro fatto dal genitore sano: interrompere le routine sane di sonno e alimentazione, contraddire le regole educative poste dall’altro genitore, ignorare le responsabilità scolastiche, impedire lo svolgimento dei compiti a casa, creando confusione nei bambini e un sovraccarico al genitore sano per ristabilire le linee di condotta adeguate. Il maltrattante potrebbe inoltre non condividere importanti informazioni sui bambini (ad esempio inerenti la salute o la scuola), usare i bambini per spiare o acquisire informazioni sull’ex partner, oppure forzare per avere i bambini con sé anche quando non sarebbe utile nel loro interesse.

La genitorialità del genitore maltrattante è spesso trascurante o addirittura abusiva. I bambini potrebbero essere esposti a contenuti inappropriati, in TV o nei videogiochi, oppure a persone tossiche. Per guadagnarsi benevolenza, il genitore abusante potrebbe usare metodi intimidatori o manipolativi, facendo leva sui loro bisogni, stati d’animo o paure. Spesso opera in modo manipolatorio per metterli contro l’altro genitore.

I bambini vengono pretesi in virtù del proprio diritto come genitore, ma per un uomo violento prendersi cura di loro è pesante, perché richiede autosacrificio, cosa di cui non è capace, quindi affibbia spesso i bambini a qualcun altro: i suoi genitori, una babysitter, chiunque purché non sia la madre.

Gli abusi sulle donne

Accanto alle strumentalizzazioni che colpiscono i figli, continua parallelamente l’operazione di distruzione dei legami e delle reti sociali. Attraverso la diffamazione o mettendo in giro menzogne e pettegolezzi che ne distruggono l’immagine e la reputazione, il maltrattante cerca sempre di isolare la donna dai familiari, dagli amici e dalla comunità. La dipinge come pazza, instabile, pretenziosa, disonesta.

Lo stesso intento malevolo può portare anche all’uso abusivo del sistema giudiziario, che comporta spesso una vera e propria devastazione sul piano finanziario a causa delle spese legali che la donna deve sostenere in un confronto spesso impari dal punto di vista delle possibilità economiche.

Il controllo economico, una sfaccettatura della violenza domestica che crea dipendenza, continua nel post-separazione attraverso l’erogazione irregolare o assente del dovuto mantenimento o l’impedimento ad avere e mantenere un lavoro. Ad esempio il genitore abusante potrebbe non restituire vestiti dei figli obbligando l’altra ad acquistarne continuamente di nuovi, distruggere i giocattoli fingendo che sia solo un piccolo incidente, rifiutare di contribuire a determinate spese necessarie per i figli, oppure pretendere un programma di visita che non tiene conto delle esigenze lavorative di lei.

Inoltre potrebbero continuare le aggressioni e le intimidazioni, sotto forma di atti persecutori: inviare un numero impressionante di messaggi attraverso i vari canali, di varia natura, dal manipolatorio al minatorio, creando preoccupazioni persistenti, irrequietezza e continuo stato d’allerta.

Il femminicidio è sovente l’esito di un fallimento di tutte queste strategie di potere e controllo sull’ex partner, tanto che a volte le donne temono di contrastarle su tutta la linea, in modo da “tenerlo buono”, dandogli piccole soddisfazioni che non minano completamente il suo senso di controllo.

Le conseguenze per le vittime

L’abuso nel post-separazione ha conseguenze a lungo termine sia per le donne che per i loro figli. Crea un persistente senso di minaccia, talvolta sottile e difficile da decodificare, soprattutto per i più piccoli.

I bambini e bambine assistono alle umiliazioni continue sulla propria madre, sono strumentalizzati, manipolati, confusi da messaggi contraddittori, spaventati per se stessi e per il genitore tutelante.

Le donne sentono, dopo tanti sforzi volti a liberarsi da una relazione tossica, di non essere affatto libere, e di essere esposte a un carico di stressors perfino superiore a quando stava insieme al partner maltrattante. Non ci si stupisce quindi che sono maggiormente vulnerabili al rischio depressivo oppure a ripensamenti che le riportano all’interno della relazione abusante.


Immagine in evidenza: da Freepik

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Il cerchio di Banpo 2023 a Fabriano

Il cerchio di Banpo 2023 a Fabriano

L’edizione 2023 de “Il cerchio di Banpo” si è svolta ancora una volta a Fabriano, nella sede del centro antiviolenza “Artemisia”. Ne hanno beneficiato 20 donne che hanno costituito un gruppo fantasticamente attivo e solidale.

Io ho portato indicazioni generali sulla comunicazione assertiva e tracce su:

  • come attestare stima a qualcuno;
  • dire no a una richiesta che giunge sgradita;
  • fare richieste;
  • fare una critica costruttiva;

Molti discorsi si sono concentrati sul riconoscere e rimuovere dentro di sé gli ostacoli all’affermazione personale (sensi di colpa, paure, sensazione di essere in difetto, difficoltà a riconoscere un proprio diritto).

Le donne del gruppo hanno portato invece le proprie emozioni, esempi di situazioni concrete per esercitarsi, e tanta tanta voglia di cambiamento.

Al di là del potere delle esercitazioni, per sperimentarsi capaci di relazionarsi diversamente, la forza del gruppo risiede proprio nella capacità delle partecipanti di darsi comprensione e supporto, in un clima del tutto privo di giudizio. Un modo validissimo per sentire autenticamente di andare bene, di essere meritevole di accettazione incondizionata, di avere bisogni e diritti inalienabili.

Comunicare rispettando l’altro ma soprattutto se stessi è la via privilegiata per coltivare una sana autostima. Per le donne, abituate a sentirsi trattare come persone “da meno” rispetto agli uomini, un luogo come questo è prezioso per scoprire il proprio valore personale.

L’edizione 2023 del laboratorio è stata soddisfacente, sia in termini di partecipazione che di gradimento delle partecipanti. Non mancherà un degno prosieguo nel 2024!



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Il cerchio di Banpo 2023

Il cerchio di Banpo 2023

In collaborazione con il centro antiviolenza di Fabriano “Artemisia”, parte la seconda edizione de “il cerchio di Banpo”. Si tratta di un laboratorio gratuito a disposizione delle donne del territorio. I cinque incontri ruotano intorno a tematiche significative dal punto di vista dell’autostima femminile. Il laboratorio, che ha riscosso grande successo e gradimento l’anno scorso, è quest’anno centrato su tematiche inerenti l’assertività e l’accrescimento della capacità di affermare se stesse e i propri diritti in modo costruttivo.

Il laboratorio è molto esperienziale, arricchito da esercitazioni e attività attraverso le quali consolidare abilità e consapevolezze importanti. Il contesto è quello di gruppo, in cui il confronto con le altre possa fungere da motore di crescita e cambiamento.

Gli incontri si terranno dalle ore 18 alle 20 nelle seguenti date:

9, 16 e 30 ottobre – 13 e 20 novembre 2023

Il gruppo è a numero chiuso. Ogni partecipante ha la possibilità di esprimersi, sperimentarsi e ricevere feedback nella misura in cui le è più utile. Vige una regola di totale libertà espressiva e di rispetto verso il vissuto di ciascuna, che per definizione viene considerato valido e quindi esente da qualunque tipo di giudizio.

I cinque incontri verteranno sulle seguenti tematiche:

  • Conoscere gli stili comunicativi, identificare il proprio;
  • Saper valutare i pro e i contro dei vari stili comunicativi;
  • Porsi obiettivi personali in termini di assertività;
  • Conoscere i propri diritti affermativi;
  • Saper dire “no” senza sentirsi in colpa;
  • Difendere un confine personale;
  • Difendersi da una molestia;
  • Saper fare una critica efficace;
  • Saper rispondere a una critica.

Ogni incontro sarà composto da una piccola introduzione sul tema, seguito da attività, esercitazioni, riflessioni e discussione libera tra le partecipanti. Principi centrali del laboratorio sono la libertà di esporsi nella misura in cui lo si desidera e il non giudizio, al fine di garantire un contesto quanto più sereno e sicuro a tutte le partecipanti.

Qui qualche informazione in più sul laboratorio e su altri servizi dello studio rivolti alle donne.

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Il senso di sé dopo la violenza di genere

Il senso di sé dopo la violenza di genere

Subire reiteratamente violenza di genere ha un indubbio impatto sul senso di sé.

La continua critica, le punizioni irragionevoli per comportamenti innocui, le manipolazioni della realtà che colpevolizzano in modo sistematico, il controllo stringente esercitato su ogni aspetto della propria vita hanno conseguenze durature su come la persona pensa, vede e parla di se stessa.

Centrale è il sentimento della vergogna, non solo rispetto a quanto accade all’interno della relazione maltrattante, ma anche e soprattutto rispetto a quello che si sente di essere.

Le parole più comuni che ho sentito pronunciare alle donne vittime di maltrattamenti sistematici quando si riferiscono a se stesse sono:

  • cattiva
  • sbagliata
  • indegna
  • non amabile

e una serie di sinonimi, tutti col significato di “non vado bene”. Mentre ci si sente in colpa per qualcosa di sbagliato che si sente di aver fatto, la vergogna è un sentimento che riguarda il “come sento di essere come persona”. All’estremo, la vergogna può diventare disprezzo di sé.

Oltre a essere maggiormente esposte a esperienze di ansia e depressione, anche una volta concluso il rapporto abusante, chi fa questo tipo di esperienza tende a ritirarsi, a evitare esperienze, a nascondersi, a diventare quasi invisibili. C’è una mancanza di motivazione ad attivarsi positivamente nel fare, dal momento che il pensiero sottostante diventa: “non mi merito di essere felice o di stare bene”.

Senza dubbio questo vissuto è tra le conseguenze traumatiche più gravi e durature connesse con la violenza di genere.

La ricerca ci dice che l’esperienza della vergogna è connessa col funzionamento del nostro cervello rettiliano, il che la rende viscerale, profonda, ma soprattutto inaccessibile sul piano cognitivo. Detto in parole povere: non basta dire a se stesse che “sono una brava persona”, “sono una persona di valore”, ecc. È necessario fare esperienze profonde di auto-compassione, che permettono di SENTIRE nel corpo emozioni di accoglienza, calore, rispetto.

C’è un repertorio di tecniche e strumenti, all’interno della terapia cognitivo-comportamentale, che mirano proprio a questo scopo e che rendono piano piano possibile un rapporto con se stesse più autentico, compassionevole e meno giudicante.

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Le parti di me

Le parti di me

Un’esperienza comune che facciamo come esseri umani è la sensazione di non essere un tutt’uno omogeneo e statico, quanto piuttosto un insieme eterogeneo di parti diverse tra loro.

Un vero casino!

Potremmo chiamarle “parti di noi” oppure “sfaccettature della nostra personalità”. Si tratta di aspetti del nostro modo di essere che ci permettono di essere adattabili, flessibili, capaci di rispondere in vari modi ai nostri bisogni in un ambiente mutevole.

Talvolta queste parti di noi ci appaiono in armonia tra di loro. Talvolta ci possono sembrare in conflitto o addirittura in contraddizione. Potremmo sperimentare una sensazione spiacevole di frammentazione o di confusione. Quante volte ci siamo detti: “Sono un vero casino!” Potremmo anche essere spaventati da lati di noi che emergono apparentemente senza motivo e nei quali in un secondo momento non ci riconosciamo.

La ricchezza di sfumature della nostra personalità di solito non è casuale. È anzi la struttura che ci siamo dati nello sforzo di adattamento all’ambiente in cui siamo cresciuti. Se di primo acchito ci appare incomprensibile, ognuna delle parti di noi c’è perché ci è servita, ci ha difeso, ci ha supportato, ci ha permesso di sopravvivere. Ha risposto a dei bisogni fondamentali, anche se potrebbe poi avere dei risvolti disfunzionali.

La personalità: un quadro dotato di senso

La clinica di stampo cognitivo-comportamentale dispone degli strumenti per rilevare le parti di noi, comprenderne il senso e il funzionamento, farne una sorta di mappa, un quadro dotato di senso, che ci permette di meglio conoscere quello che ci accade dentro nelle varie situazioni.

Superando il senso di vergogna e di colpa verso gli aspetti di noi meno sani, la terapia cognitivo-comportamentale consente di entrare nel meccanismo della nostra personalità senza giudizio e di potenziare la parte di noi più sana e funzionale.

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Il cerchio di Banpo a Fabriano

Il cerchio di Banpo a Fabriano

Dal 17 ottobre al 21 novembre 2022 si è tenuto nella sede del centro antiviolenza “Artemisia” di Fabriano il laboratorio sull’autostima femminile “Il cerchio di Banpo“, ideato e gestito dalla psicoterapeuta Elena Grilli. Fedele all’idea con cui è nata l’idea di questo laboratorio, l’esperienza ha rappresentato un vero e proprio viaggio nel mondo femminile.

Descrizione dell’esperienza

Il laboratorio è consistito in cinque incontri per esplorare l’autostima e i fattori che l’alimentano (o viceversa l’ostacolano). Ci sono state esercitazioni pratiche per entrare in contatto con se stesse e rafforzare specifici aspetti dell’autostima, difendere i propri confini e diritti, esprimersi liberamente rimanendo fedeli a se stesse, dare e darsi valore.

La partecipazione è stata molto attiva, da parte di donne di Fabriano e dintorni di tutte le età. Si sono vivacemente messe in gioco portando esperienze, ricordi, emozioni toccanti, che hanno arricchito la generale conoscenza e consapevolezza del gruppo.

Le partecipanti hanno fatto emergere interessanti riflessioni a partire dalla propria vita. Una regola del gruppo infatti è che ogni vissuto è valido e merita attenzione, ascolto e rispetto. Il non giudizio è fondamentale e consente di esprimersi al proprio massimo e al proprio meglio, in un contesto accogliente in modo incondizionato.

Il laboratorio

Si tratta di un tipo di esperienza che porta la riflessione sulle determinanti personali, familiari e socio-culturali dell’appartenenza di genere che influenzano l’autostima personale. Da questa base si lavora attraverso il confronto di vissuti che permette di non sentirsi “sola” o “diversa”. Infine, si dà spazio a piccole esperienze di auto-rafforzamento.

IL CERCHIO DI BANPO è una iniziativa pensata per essere itinerante e può essere riproposta in altre sedi, su richiesta di associazioni o enti che hanno a cuore le tematiche di genere, con particolare riferimento all’impatto sul benessere femminile.

PER MAGGIORI INFO


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Laboratorio di autostima

Laboratorio di autostima

Una iniziativa gratuita, a beneficio delle donne di Fabriano, in collaborazione con il centro antiviolenza di Fabriano “Artemisia”.

Lunedì 17, 24 ottobre, 7, 14, 21 novembre 2022 – dalle ore 18-20

Gli incontri ruotano intorno a tematiche significative dal punto di vista dell’autostima femminile. Spesso le donne che ho intercettato nella pratica clinica o nelle collaborazioni con le varie realtà di contrasto della violenza di genere si pongono domande riferite appunto a questo aspetto. Quante volte ho udito affermazioni tipo:

  • “Io non mi amo abbastanza… me lo dico sempre che devo volermi più bene”;
  • “Mi sento così fragile, dovrei essere più forte”;
  • “Sono la peggiore nemica di me stessa, non credo abbastanza nelle mie capacità e ci sono dei lati di me che detesto!”

Di qui il desiderio di affrontare questioni inerenti il valore personale e il rapporto che ognuna di noi costruisce con se stessa. Il contesto è quello di gruppo, in cui il confronto con le altre possa fungere da motore di crescita e cambiamento.

Il laboratorio è molto esperienziale, arricchito da esercitazioni e attività attraverso le quali consolidare abilità e consapevolezze importanti.

Il gruppo è a numero chiuso. Ogni partecipante ha la possibilità di esprimersi, sperimentarsi e ricevere feedback nella misura in cui le è più utile. Vige una regola di totale libertà espressiva e di rispetto verso il vissuto di ciascuna, che per definizione viene considerato valido e quindi esente da qualunque tipo di giudizio.

I cinque incontri verteranno sulle seguenti tematiche:

  • Definire l’autostima e conoscerne le determinanti individuali, familiari e socio-culturali;
  • Valorizzare se stesse e i propri punti di forza, coltivare la fiducia nel proprio potenziale;
  • Riconoscere i rapporti tossici o dannosi per la propria autostima e difendersene;
  • Conoscere e affermare i propri diritti;
  • Sviluppare la capacità di difendere un confine personale;
  • Costruire rapporti sani, alla pari e basati sul rispetto.

Ogni incontro sarà composto da una piccola introduzione sul tema, seguito da attività, esercitazioni, riflessioni e discussione libera tra le partecipanti. Principi centrali del laboratorio sono la libertà di esporsi nella misura in cui lo si desidera e il non giudizio, al fine di garantire un contesto quanto più sereno e sicuro a tutte le partecipanti.

Qui qualche informazione in più sul laboratorio e su altri servizi dello studio rivolti alle donne.

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Piangere senza alcuna (apparente) ragione

Piangere senza alcuna (apparente) ragione

Il pianto è una reazione non solo comprensibile la maggior parte delle volte, ma anche salutare. Ci calma, riduce il dolore, comunica agli altri il nostro bisogno di aiuto. Ma può capitare di scoppiare a piangere senza alcuna apparente ragione. Perché?

Si piange quando siamo attraversati da una emozione forte o quando proviamo dolore fisico. Non è un segnale di debolezza come si ritiene a volte. A volte però può accadere senza che possiamo pienamente comprenderne le cause in quel momento. Magari non siamo affatto tristi o sconvolti per un motivo preciso. In questi casi è più facile che lo interpretiamo come qualcosa che non va in noi o una fragilità personale.

Depressione

Se si sta attraversando una fase di depressione il pianto senza apparente ragione può essere un sintomo. I sentimenti che tipicamente accompagnano l’umore depresso sono: solitudine, senso di colpa, sensazione di essere indegno come persona, disperazione e perdita di speranza, senso di vuoto interiore.

Ansia

Anche se non siamo spaventati o sconvolti da un fatto preciso, vi possono essere sensazioni di preoccupazione continua accompagnate da sensazioni fisiche spiacevoli di ansia. Queste ultime possono sfociare in un pianto che sembra arrivare in modo imprevedibile.

Difficoltà nella regolazione emotiva

Per motivi diversi, tra cui elevati livelli di stress, possiamo trovarci sopraffatti, senza essere consapevoli della tensione che il nostro corpo sta sperimentando in modo continuativo da tempo. Il pianto può essere uno dei modi attraverso cui queste tensioni vengono, almeno parzialmente, sciolte. È quindi di un meccanismo di regolazione emotiva.

Si piange sempre per un motivo, quindi, anche quando di quel motivo non siamo completamente consapevoli.

Non necessariamente significa che abbiamo un problema serio. Di sicuro il fenomeno ha a che fare con meccanismi di autoregolazione che ci aiutano.

Si può pensare di chiedere un aiuto professionale nei casi in cui sia frequente e duraturo oppure se impatta in modo eccessivo sulla vita quotidiana e sulle relazioni.

La terapia cognitivo-comportamentale

La terapia cognitivo-comportamentale può aiutare a:

  • identificare pensieri ed emozioni sottostanti,
  • discriminare livelli di tensione o stress che possono esserci a monte,
  • applicare una serie di strumenti e prassi di regolazione emotiva.

Nei casi di depressione o disturbi d’ansia la terapia va a rafforzare le abilità che sono efficaci per contrastare queste problematiche.

In ogni caso, il percorso può supportare la persona con tecniche specifiche capaci di permettere fronteggiare le emozioni più intense e spiacevoli.

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Buoni propositi per l’anno nuovo?

Buoni propositi per l’anno nuovo?

Hai già una lista di buoni propositi per il nuovo anno? Sostieni te stesso nel loro raggiungimento!

Per tutti noi è vitale non smettere mai di crescere, migliorare, apprendere, espanderci al nostro meglio.

Non è sempre facile. A volte le nostre routine e abitudini ci ostacolano nel costruirci la vita che vogliamo. Ma se conosciamo come funziona la nostra mente, è un po’ più semplice. Ad esempio costruendo nuove routine o ponendosi nuovi obiettivi e auto-motivandosi nel perseguirli.

Dividi grandi cambiamenti in piccoli passi

Se vuoi salire al piano superiore, guardare l’ultimo gradino in alto e immaginare di arrivarci con un unico grande passo è sufficiente a scoraggiarsi e demordere. “In fondo si sta bene a piano terra”, si finisce per autoconvincersi.

Il primo gradino invece è perfettamente affrontabile, così come il secondo e così via. Abbassa lo sguardo e concentrati sul prossimo passo.

Assicurati delle ricompense

La nostra mente funziona per premi e punizioni. Possiamo auto-motivarci in un compito difficile o noioso assicurandoci di associarlo a degli stimoli gratificanti. Premiamoci per ognuno dei passi fatti, sarà tutto molto più leggero… e la nostra autostima ci ringrazierà.

Senti che questo proprio non basta ad arrivare dove vuoi? Ci sono ostacoli che fatichi a superare da solo? Sei in un circolo vizioso che ti fa apparire impossibile il cambiamento desiderato?

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Un progetto di AMT Teatro

Un progetto di AMT Teatro

L’associazione AMT Teatro ha una doppia anima. Lo spettacolo, ma anche l’impegno civile e la sensibilizzazione su varie tematiche sociali, come la violenza. Trovo potente coniugare attività di formazione e di psicoeducazione al teatro, indubbiamente più capace di toccare e sollecitare l’emotività. Permette di vivere da dentro il tormento, la sofferenza, il conflitto conseguenza delle infinite umiliazioni, vessazioni e minacce a cui è sottoposta una donna che subisce violenza in una relazione di intimità.

Il sapere, sommato al sentire profondamente, diventa solida consapevolezza.

L’evento di debutto dell’associazione AMT Teatro è stato il 12 settembre 2021 a Monte San Vito, con la rappresentazione del dramma “La sala d’attesa” di Stefania De Ruvo. Subito dopo, un momento di riflessione sulle radici socio-culturali della violenza di genere, sulle forme e le dinamiche della violenza e le sue conseguenze anche psicologiche per le donne. Accanto a me, nell’attività di formazione, Antonella Pampolini, educatrice ed esperta di violenza di genere.
Il progetto intende supportare varie realtà territoriali che operano nel contrasto della violenza, sia contribuendo alle loro iniziative di sensibilizzazione, sia raccogliendo fondi in loro favore.

Nella rappresentazione del 12 settembre, ad esempio, pur essendo un evento gratuito, sono stati raccolti fondi per il centro antiviolenza di Fabriano “Artemisia”.

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Approfondisci gli aspetti psicologici dei personaggi de La sala d’attesa

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