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Mese: Marzo 2017

Superare il trauma

Superare il trauma

L’esperienza di un evento traumatico può sconvolgere la vita di una persona, lasciandole un senso di vulnerabilità e di paura. Ma recuperare serenità e fiducia è possibile.

Si può definire trauma un evento percepito come estremamente minaccioso a cui la persona ha risposto con un livello di paura intenso, senso di impotenza e orrore.

Tipici eventi traumatici possono essere: esperienze di guerra, aggressioni fisiche o sessuali, assistere alla morte di qualcuno in un incidente, oppure nel corso di terremoti, alluvioni, incendi, ecc. Spesso ha a che fare col “vedere la morte in faccia”.

È importante sottolineare che il trauma è un fatto molto personale. Siamo noi a dare significato e peso a quello che ci succede, facendo sì che quello che è traumatico per qualcuno potrebbe essere una esperienza semplicemente negativa per qualcun altro. Questa variabilità ha che fare con il sistema di credenze e di valori di ciascuno e con le precedenti esperienze di vita. Vi è una variabilità anche nella capacità di recupero: alcune persone possono impiegare alcune settimane o mesi dopo l’incidente prima di tornare a condurre una vita soddisfacente anche con il sostegno di familiari e amici. Per altri invece il recupero non è così semplice e talvolta si può arrivare al Disturbo post-traumatico da stress.

Il Disturbo post-traumatico da stress origina dalla risposta fisiologica dell’organismo allo stress estremo, ma con una sintomatologia che si protrae nel tempo, anche quando la minaccia è cessata. Questo avviene perché quanto sperimentato ha la capacità di modificare la percezione di se stessi e del mondo. L’esperienza ribalta sia la percezione di un mondo bello e giusto, sia l’idea di se stessi, di essere forti, capaci e adeguati. A questo punto la persona vede ovunque il pericolo e sta costantemente in allerta, in guardia, sulla difensiva.

Questo può portare a difficoltà di concentrazione, disturbi del sonno, irritabilità, irrequietezza. Possono comparire pensieri intrusivi (immagini e ricordi dell’evento traumatico), incubi, flashback (rivivere l’evento come se stesse accadendo qui e ora). Infine vi possono essere comportamenti di evitamento di tutto ciò che può ricordare l’evento traumatico, allo scopo di limitare l’esperienza di ansia; di conseguenza si limita pesantemente la vita, ci si isola, si limitano attività precedentemente considerate piacevoli e si può andare verso la depressione.

La psicoterapia in questi casi può sostenere la rielaborazione dell’esperienza traumatica, rafforzare la capacità di far fronte a situazioni che spaventano e trasferire strategie di gestione dello stress.

Guarire in questi casi non significa dimenticare quanto accaduto e nemmeno avere la garanzia che non si proveranno più emozioni negative al ricordo dell’evento traumatico. Ma questo stress può diventare meno frequente e più gestibile, al punto da perdere il potere di controllare la vita di una persona. Guarire non significa nemmeno tornare esattamente come si era prima. Esperienze forti possono cambiare le persone in molti modi, non necessariamente negativi. Si può diventare più forti, più comprensivi, più equilibrati e aperti.

Un trauma non stabilisce un destino

La dott.ssa Grilli ha una esperienza pluriennale nella terapia in questo ambito, in particolare rispetto al Disturbo post traumatico sperimentato dalle vittime di aggressioni fisiche e sessuali o dai sopravvissuti a eventi catastrofici.

Se ci si ritrova nelle problematiche illustrate in questo articolo, un supporto psicologico qualificato può essere determinante.

Link alle risorse dell’American Psychological Association.

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Il ciclo dell’ansia

Il ciclo dell’ansia

L’ansia è una reazione normale e sana, ma potrebbe diventare cronica attraverso il meccanismo definito “ciclo dell’ansia”.

L’ansia costituita da una serie di cambiamenti nel corpo e nel modo di pensare e comportarsi che ci permette di fronteggiare e rispondere rapidamente a minacce e pericoli per la nostra vita.

Facciamo un esempio.

Stai attraversando la strada fuori dalle strisce pedonali. A un certo punto vedi che un’auto sta sopraggiungendo velocemente e non accenna a rallentare per permetterti di completare l’attraversamento. Allora inizi a correre per metterti in salvo sul marciapiede qualche metro più in là. Il cervello rileva il pericolo e in automatico il corpo si attiva:

  • Il battito cardiaco accelera e la pressione del sangue aumenta;
  • La capacità del sangue di coagularsi aumenta, in preparazione ad una possibile lesione;
  • La sudorazione aumenta, per aiutare a raffreddare il corpo;
  • Una quantità di sangue è dirottata sui muscoli, che si tendono, pronti all’azione;
  • La digestione rallenta;
  • Diminuisce la produzione di saliva, causando secchezza delle fauci;
  • Il ritmo del respiro accelera, le narici e i passaggi di aria si dilatano, per far affluire velocemente più ossigeno;
  • Il fegato rilascia zuccheri, per fornire energia;
  • Gli sfinteri si contraggono per chiudere intestino e vescica;
  • Le risposte immunitarie si indeboliscono, il che è utile a breve termine per permettere una risposta massiccia all’immediato pericolo.

Tutto questo accade per permetterti di raggiungere velocemente il marciapiede ed evitare di venire investito.

Questa reazione, definita di “attacco-fuga”, è la stessa che sperimentiamo quando siamo in ansia, spaventati, preoccupati, agitati. Nel corpo puoi osservare alcune delle seguenti sensazioni (in misura maggiore o minore a seconda dell’entità della minaccia percepita):

  • Tremori;
  • Irrequietezza;
  • Tensione muscolare;
  • Sudorazione;
  • Fiato corto;
  • Tachicardia;
  • Tuffo al cuore;
  • Mani fredde e sudate;
  • Respiro affannoso;
  • Secchezza delle fauci;
  • Vampate di calore o brividi;
  • Nausea;
  • “Farfalle” nello stomaco.

Ora, la risposta del nostro corpo è identica, sia che la minaccia vada affrontata con uno sforzo fisico, sia che dobbiamo rispondere verbalmente a una critica aggressiva di un collega, oppure che temiamo una figuraccia parlando davanti a un pubblico, oppure che il medico ci dà una cattiva notizia sulla nostra salute, casi cioè in cui la soluzione non è certo combattere o mettersi a correre. La biologia è veramente di poco diversa da quella che caratterizzava i nostri antenati alle prese con un animale feroce. E perciò facciamocene una ragione, è così che funzioniamo.

A un certo punto però, può accadere qualcosa di più, alle persone più propense a preoccuparsi o ad allarmarsi eccessivamente. Osservando la propria reazione d’ansia, ne sono disturbati e iniziano a preoccuparsi per l’ansia stessa. Alcuni esempi di pensieri di preoccupazione:

  • Ancora una volta sto dimostrando di essere debole;
  • Sono troppo emotivo, non so affrontare le situazioni;
  • Vedendomi così, le persone penseranno che sono incapace;
  • Il cuore batte troppo velocemente … mi starà venendo un infarto?
  • Sono arrossito, che vergogna!

Ciò causa, naturalmente, una ulteriore attivazione del sistema attacco-fuga, portando ad un circolo vizioso. Se non si riesce a interrompere questo circolo, il problema d’ansia diventa cronico.

Desideri un aiuto per identificare il tuo ciclo dell’ansia e i fattori di mantenimento che lo tengono in vita?

Approfondisci i vari disturbi d’ansia

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